Benincasa

Nei documenti antichi non si fa menzione del casale di Benincasa. La sua fondazione deve porsi ai principi del secolo XII*

Benincasa è un borgo collinare unico nel suo genere, un nugolo di case avviluppato il cui districarsi ci consente di inerpicarsi tra piccoli sentieri e scalinate interne tali da attraversare il cuore del paesino e ritrovarci come d’incanto sulla strada che ci conduce verso Dragonea.Qui ci imbattiamo negli abitanti di Benincasa, i quali hanno un curioso soprannome ricco di storia e di significato i “Saracani”. Niente paura ,non è un popolo guerriero che ha invaso le nostre coste, ma, questo appellativo deriva dalla principale attività economica a cui erano dediti gli abitanti di un tempo:

La lavorazione e la conservazione delle salacche.

La saraca o salacca è un pesce che vive in banchi molto numerosi nei Mari del Nord Atlantico dal gusto deciso e dall’alto valore nutritivo fondamentale nell’alimentazione delle popolazioni costiere questi pesci provenivano da Genova e venivano lavorati proprio a Benincasa dagli artigiani locali, secondo un metodo tradizionale che ne consentiva la conservazione. In sostanza le sarache venivano Salate e disposte a strati nei barili realizzati dai maestri Bottai del paese ed in memoria di tale operosità oggi la strada principale del paese è intitolata proprio “Via Bottaio”. I barilotti colmi di pesce salato prendeva poi la via del Mercato cilentano per essere scambiati con prodotti tipici della terra come o vino grano fagioli. Si realizzava, così una vera e propria economia di scambio


Ricetta: Per la salacca affumicata prendiamo due aringhe, una cipolla Di Tropea un limone dell’olio extravergine d’oliva un pizzico di Pepe Nero, mettiamo in ammollo le aringhe per due ore circa, aspettiamo la cipolla a rondella e poniamo la in una  bacinella d’acqua con un po’ di aceto trascorso, il termine  tagliamo la pelle è la testa ricavandone solo il filetto, a questo punto mischiamo insieme alla cipolla e condiamo con  olio limone e Pepe facciamo riposare per un po’ un’ora e poi degustiamo la con il pane abbrustolito.


Della chiesa della Madonna delle Grazie si parla nella relazione dello stato delle Parrocchie, fatto nel 1697, che era conservato nell’Archivio della Curia Vescovile di Cava, ma che andò perduto durante i bombardamenti e la conseguente distruzione dell’Episcopio, nel 1943. In quel documento si leggeva che nel campanile della Chiesa di Benincasa vi erano due campane su cui erano stati incisi il titolo della chiesa e l’anno in cui erano state acquistate le campane: 1610. La fondazione della chiesa deve quindi porsi prima dell’anno 1610. Nel 1717 fu dichiarata battesimale e distaccata da quella di Dragonea. Sul pavimento dell’atrio sono segnate due date: 1735-1829. L’altare maggiore, tutto in marmo, ha un paliotto splendidissimo, con un magnifico bassorilievo raffigurante la Visitazione. Sullo zoccolo si legge: « D.O.M. Fatto da Giuseppe Benincasa e i suoi compagni A.D. MDCCXXXVII ». Il coperchio del battistero è un meraviglioso lavoro cinquecentesco, in legno Nel 1728 la chiesa fu consacrata da Mons. Carmignano,vescovo di Cava.   In quell’occasione il tempio fu ornato di stucchi, fu arredato di una vasca marmorea per il battistero, ebbe il balaustro e l’altare maggiore in marmi di buona fattura. Nella chiesa si conserva un quadro riproducente il volto serafico di S. Francesco di Paola. La tradizione vuole che quello sia il ritratto naturale del Santo fatto miracolosamente da Lui medesimo. Infatti, nel suo passaggio per Salerno, nel 1482, il Santo fu invitato a pranzo dai signori Capograssi. Accortosi, durante la sua permanenza a tavola, che un pittore, inutilmente, si sforzava di ritrarlo, stando nascosto, il Santo prese la salvietta dalla mensa e se l’applicò al volto; e su di essa rimase impressa l’immagine del suo volto. Gli eredi Capograssi, ritiratisi a Benincasa nel 1656, per sottrarsi alla peste che infestava Salerno, portarono, gelosamente custodito il sacro dono di Francesco di Paola, nel villaggio vietrese. Nella chiesa di Benincasa si venera anche una statua del Santo Calabrese, molto bella ed espressiva. La cona è  un finissimo lavoro barocco in buoni marmi policromi; l’altare è dello stesso stile